È disponibile sulle piattaforme streaming e in digital download il nuovo concept album “Mondi Nuovi” del cantautore e produttore musicale bolognese Gerolamo Sacco, su etichetta Miraloope distribuito da Believe. È in rotazione radiofonica il singolo“Casa Mia”, estratto dall’album. È il brano di apertura del disco, una canzone che fonde l’It Pop con sonorità extra-europee, su un rap incalzante, tra extrabeat e melodico.
Ecco la nostra intervista!
Ciao Gerolamo! Iniziamo a parlare del tuo nuovo singolo “Casa Mia”. Di cosa parla questo brano? Cosa non può mancare a casa tua?
A casa mia non possono mancare pianoforti, la mia città Lego, colori acrilici e tele per dipingere, un bollitore per il the, cuscini, libri e la play. Ma la canzone non parla di questo! Nella mia testa “casa” è tante cose, è il dove vivo ma anche alcune strade della città, il mio studio di registrazione nella periferia di Bologna. Anche il cinema dove vado di solito a vedere i film quando escono è Casa Mia. Quando ho scritto la canzone avevo una sensazione di malinconia e allo stesso tempo di forza ed energia: la casa secondo me è quel posto dove ci sono i tuoi ricordi del passato ma allo stesso tempo dove attingi tutto quello che ti serve per vivere il futuro. Casa è un concetto legato all’abitare. Non si abita semplicemente un edificio, non è solo dove hai una doccia o un letto, si “abitano” tante altre cose. Abitiamo dei sogni, abitiamo delle storie, abitiamo delle idee. E soprattutto abitiamo la Terra. Noi che andiamo “su Marte a cercare batteri mentre l’Amazzonia muore” abbiamo un modo strano di abitare il nostro pianeta: è un po’ come se mentre ci scoppia un incendio in casa andassimo a fare un giro in biblioteca per saperne di più. Abitiamo anche tutto il circo mediatico che racconta il nostro mondo e che diventa ogni giorno sempre più importante per noi. “Per il cuore un battito, per il tg un dibattito, per Nettuno un plastico…di Rimini”. In fondo siamo ancora dei bambini!
Questo brano fa parte di “Mondi Nuovi”, il tuo nuovo lavoro discografico. Hai unito la tua attitudine al cantautorato e l’esperienza da producer. Due mondi potenzialmente lontani eppure vicini per te. È così?
Sì perché ho scritto le canzoni semplicemente con il piano e le provavo con Virginia alla chitarra, poi ho creato tutto il mondo sonoro che sta dietro a ogni brano, cercando di tradurre le visioni che avevo dentro. Quando scrivo e canto una canzone lavoro tantissimo anche sull’esperienza sonora: i brani del disco a cui sono più legato come autore, “Stelle Dipinte” e “Abisso” per dirne due, sono anche quelli a cui ho dedicato più attenzione nei suoni, dalle registrazioni dei cori fino a tutti i campionamenti (sono un fanatico del sampling). So che molti ascoltatori apprezzano il brano con il testo importante che suona grezzo, perché gli da più l’idea di autentico, ma a me non interessa quel tipo di comunicazione: se racconto un’avventura nello spazio voglio che anche il sound sia un po’ fantascienza. In “Buonanotte Terra” ho volutamente inserito una citazione techno, la 808 come in Acid Phase di Emmanuel Top. In “Casa Mia” ci sono degli strumenti cinesi e indiani per rendere l’atmosfera calda, mentre invece ci sono brani freddissimi come “Stelle”, con strani cori che sembrano provenire da una fiaba nordica. “Cinema” e “Sarà Già Passato Tutto” sono invece ispirati alle produzioni di elettronica per il cinema, come quelle di Vangelis (Blade Runner) ed M83 (Oblivion). Alla fine poi rimane musica italiana, sono canzoni, quindi ho lasciato alla voce la prima linea. Ecco, forse la cosa più difficile quando si unisce il cantautore e il produttore nella stessa figura è l’impatto della voce. Per questo aspetto mi sono fatto aiutare dai feedback di colleghi.
Quanto è importante per te riuscire a rappresentare in immagini ciò che provi mentre canti?
Rappresentare in musica le immagini io la vedo come una grande opportunità, tanto che abbiamo dedicato molta attenzione alla copertina del disco, al video del singolo, eccetera. Tutta la sfera dell’immagine appartiene ad un altro mondo artistico rispetto alla musica, ma la combinazione tra questi due mondi può produrre risultati meravigliosi. Il cinema, per esempio, è l’arte che unisce la musica con immagini, il tempo e il suono con i colori e le ombre. Con una bella immagine una musica si avvicina di più a chi ascolta.
Qual è il tema portante di “Mondi Nuovi”?
I temi di “Mondi Nuovi” sono diversi. C’è il tema del viaggio, della crescita e dell’auto-espressione di una persona, e tanti altri. Sono mille piani che si intersecano fra loro raccontando una storia ricca di immagini. “Mondi Nuovi” è un lavoro che può essere letto da punti di vista diversi, ma ciò che mi interessa di più è che, dopo questo viaggio di 60 minuti, ognuno può sentire cose diverse, avere le proprie intuizioni e sensazioni legate al momento e al periodo che sta vivendo. Davanti a qualsiasi possibile lettura c’è la parte più esteriore del racconto: un uomo che in un futuro non troppo lontano, in seguito a varie vicissitudini decide di compiere un viaggio nello spazio, dove scoprirà diversi lati di se stesso fino a giungere, dopo un lungo percorso, ad un nuovo pianeta.
Ti va di raccontarci come nasce la copertina dell’album?
La copertina nasce dalla rappresentazione della città del protagonista del racconto, la Città Dimenticata, che trovate citata nel disco: è la città di “Casa Mia”, di “Stelle Dipinte”, “Momo” e “Cinema”, ed è la città che il protagonista lascia prima di partire per lo spazio. Una città del futuro, perché stiamo parlando di un’epoca in cui comunque si viaggia nello spazio, ma realistica: per dare un tocco autobiografico ho voluto avesse un elemento della città dove vivo e lavoro, Bologna, infatti l’anfiteatro che vedi alla base della città esiste davvero in un grattacielo qui vicino allo studio di registrazione. La città è stata realizzata dipingendo delle forme su dei prismi fotografati e poi elaborati in computer grafica. Su di essi sono proiettati degli ingranaggi che sono nient’altro che ingranaggi di orologi ingranditi, fotografati e ricostruiti in 3D. Anche la Luna è circondata da ingranaggi, come a rappresentare un mondo dove tutto è meccanico, come metafora di quel mondo da cui il protagonista, guardando in camera con fare malinconico, decide di andarsene.
Entriamo proprio a “casa tua”: com’era la tua cameretta? Quanto è cresciuto Gerolamo musicalmente parlando?
Ricordo che quando ero piccolo eravamo tre in una stanza fantastica. Sai una cosa? Io da piccolo non ho mai fatto musica. Quando si è piccoli è raro appassionarsi di musica, è raro che ad un bambino venga in mente, che ne so, di suonare il flauto. E io sono cresciuto in quel tipo di educazione per cui nessuno mi ha mai spinto a fare questa o quell’altra cosa. Da piccolo uscivo di casa appena finito i compiti e tornavo il più tardi possibile, non mi si vedeva per ore… Poi a 19 anni ho avuto come un flash improvviso. Registravo cassettine dalla radio e arrivato alla numero 100 ho pensato che volevo farne anche con brani miei. Mi ci sono buttato “carico come una molla” (come si dice a Bologna) e così in pochissimo tempo la mia cameretta è diventata una specie di studio di registrazione. Da allora la crescita è stata continua, nel senso che non mi sono mai accontentato. Ho incominciato a smanettare coi giradischi e dopo poco ho trovato una serata fissa in un locale per esprimermi e tirare su due lire: la passione dei dischi in vinile è stata la motivazione che mi ha portato a pubblicare i primi brani. Due anni dopo firmai un contratto come producer con una casa discografica di Brescia, la Media Records di Gigi D’Agostino. Il mio lavoro era dare idee melodiche e ritmiche, passavo le notti ad avere idee su idee. La prima canzone in italiano con l’arrangiamento elettronico a 100 bpm, che oggi è uno standard discografico, forse è stata proprio “Vorrei Fare una canzone”. Arrivare a tante persone mi ha dato la carica per studiare la musica seriamente e, grazie ad anni di allenamento sul pentagramma dei sequencer sono riuscito a passare il test d’ammissione di composizione in Conservatorio da autodidatta, senza saper suonare alcuno strumento: i maestri non ci credevano, non ricordo bene come sono riuscito a spiegargli che era possibile fare una sonata romantica senza per forza saperla suonare. Per me fu uno shock passare dal mondo dei club alle aule del Conservatorio, ma anche un momento meraviglioso! Da allora non mi sono ancora fermato, alla fine del 2008 è partita Miraloop, allora un’idea sulla carta molto difficile da realizzare ma che oggi, dopo dieci anni, sta finalmente prendendo forma come voglio io. I primi tempi potevo limitarmi a fare il producer, o il compositore, e basta. Invece io ho sentito l’esigenza a trent’anni di imparare a cantare, per dare una voce alle emozioni che provavo. Non volevo arrivare a quarant’anni e avere bisogno di turnisti per scrivere: sono convinto di aver fatto la scelta giusta.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Potremo ascoltarti prossimamente live?
Sicuramente! Seguite la mia pagina www.facebook.com/gerolamosaccodove darò tutte le news a riguardo!
Qual è il sogno di Gerolamo?
Di non fermarmi mai. Per essere più pratico ti direi…la colonna sonora di un film emozionante!