Micol Martinez

Micol Martinez: “Ecco i miei buoni spropositi!” – INTERVISTA

Da mercoledì 18 marzo, è disponibile sulle piattaforme streaming e in digital download “I BUONI SPROPOSITI”, il nuovo album di inediti della cantautrice MICOL MARTINEZ.

Fin da bambina Micol Martinez inizia a sviluppare una passione per la scrittura, all’età di 6 anni con la poesia e a 18 con il suo primo romanzo mai pubblicato. Studia recitazione al Teatro Libero di Milano e decide di fare della musica il suo lavoro. Nel 2010 si fa promotrice del movimento culturale “Milano l’è bela” ed è parte attiva nell’organizzazione di iniziative culturali sul territorio.

“I BUONI SPROPOSITI” raccoglie pezzi di vita, riflessioni sul mondo, fotografie di stati d’animo e spezzoni dell’universo dell’artista. Micol Martinez in qualche brano confessa i suoi sentimenti più reconditi, in altri denuncia problemi della nostra società e in altri ancora racconta storie di vita altrui.

Ecco la nostra intervista!

Ciao Micol, iniziamo a parlare del tuo nuovo album “I buoni spropositi”… come nasce questo progetto artistico?

Le canzoni sono nate nel tempo. Poi, come sempre, arriva un giorno in cui avverti l’esigenza di sentirle prodotte. Quel giorno è arrivato circa un anno fa, quindi ho chiesto a Giovanni Calella, mio chitarrista e già produttore di altri progetti italiani, di lavorarci e da lì ne è uscito “I Buoni Spropositi”.

“Buon anno amore mio” è il singolo che ha anticipato l’uscita dell’album: di cosa parla questo brano? 

È un elenco di promesse che difficilmente verranno mantenute (non certo senza rammarico) perché non è possibile cambiare così profondamente, dall’oggi al domani, e soprattuto cambiare la propria natura. Rappresenta forse anche una fuga dai propri limiti, mascherata da una sorprendente e apparente sicurezza in sé e nella possibilità di realizzare le proprie intenzioni. È un brano sotto sotto malinconico, ma che raccoglie in sé ironia e gioco su una melodia solo apparentemente semplice. 

 Quanto è importante per te riuscire a rappresentare con le immagini ciò che provi mentre canti?

Non è questione di importanza. Per me è un processo naturale. C’è chi ha una scrittura descrittiva, chi più metaforica, più convenzionale etc. La mia sta sul confine tra le prime due. Spesso l’intera canzone può essere metafora di altro, o anche solo singole strofe. “Il pirata Jade”, quinto brano del disco, è una canzone sulla di ricerca di sé e della propria identità, raccontata con la metafora del mare e del viaggio. Ma non è solo quello. È anche una denuncia del maschilismo, e più ampiamente della discriminazione. Ho un modo di scrivere più complesso di quanto appaia a un primo sguardo, i piani di lettura sono molteplici.

Quando e come nasce la tua passione per la musica?

Da sempre, da quando ero piccola. Sono cresciuta in un ambiente dove ciò che univa le singole personalità era la musica. Quindi la vivo come qualcosa di profondamente intrinseco. In casa, quando ero piccola, si ascoltava musica; in macchina; ovunque. La si suonava. Era il mio collegamento con l’esterno. Lo è stato anche negli anni successivi. 

 Come stai vivendo questo periodo di quarantena? 

Premetto che amo molto stare da sola, ma un conto è sceglierlo, un altro è essere costretti all’isolamento. Detto questo, da un primo momento di scombussolamento, si è poi fatto strada il bisogno di comprensione della situazione esterna, poi attimi di ansia e sconcerto – come tutti suppongo – quindi una presa di coscienza e in qualche modo di “accettazione” della situazione, e di sé all’interno della medesima. Se si cerca qualcosa di positivo in un momento così terribile per la nostra società, è forse proprio conoscere delle parti di sé che non pensavamo esistessero, riconoscerle, come riconoscere delle alternative al tipo di società a cui abbiamo sempre appartenuto. Possiamo essere diversi, a livello individuale, può essere diversa la società in cui viviamo. Diversa come? In meglio, chiaramente, ma non mi addentro sulla questione, finirei per scrivere un trattato…

Qual è la canzone che rappresenta al meglio ciò che stai vivendo tu in questo periodo?

Credo che tutto il disco abbia (non era calcolato) un forte legame col momento attuale. I propositi ad inizio anno sono consapevolezze su desideri che vorremmo e potremmo esaudire nella realtà.  Gli Spropositi fanno invece parte dell’immaginario. L’immaginario è ciò a cui ci aggrappiamo quando abbiamo bisogno di prenderci una pausa dallo sconforto (visto che siamo tutti chiusi in casa). C’è stato un momento in questi mesi in cui ho sognato tantissimo. Questo che stiamo vivendo è il momento dell’onirico e dell’immaginario, come della conoscenza di sé, e della consapevolezza, a livello individuale e sociale.

 Quali sono i tuoi “buoni spropositi” futuri?

Lo sproposito è fare un concerto dopodomani in piazza Duomo. Un proposito invece potrebbe essere quello di godermi – sono di base un’inquieta – le cose più semplici, e con intelligenza accettare e “trattare” il nuovo che verrà. Avevo in programma concerti e uno spettacolo teatrale: nell’impossibilità di realizzarli darò forma a nuove parti di me. 

Qual è il sogno di Micol?

Solo uno? Centomila. 

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